Ossicombustione, una nuova alternativa ai termovalorizzatori

2023-01-13 10:58:28 By : Mr. Hank Lee

La ricerca di fonti di energia per sopperire alla mancanza delle importazioni di gas russo, la difficoltà della città di Roma nello smaltimento dei rifiuti e il conseguente annuncio del sindaco della città eterna, Roberto Gualtieri, che ha dichiarato che anche la capitale avrà un suo termovalorizzatore in grado di gestire ogni anno 600mila tonnellate di immondizia, hanno riportato alla ribalta il tema dei termovalorizzatori in Italia.

Questi impianti di incenerimento si occupano dello smaltimenti dei rifiuti urbani e dei rifiuti derivanti dal trattamento degli stessi e sono in grado di sfruttare il calore generato dalla combustione per convertirlo in energia. Nel nostro paese sono 37 i termovalorizzatori operativi secondo l’ultimo rapporto elaborato dal Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

I detrattori dei termovalorizzatori, però, hanno portato avanti una proposta alternativa: l’ossicombustione, una tecnica innovativa, che è già stata sperimentata in Puglia, con un impianto nato a Gioia del Colle, attraverso cui alcuni carburanti vengono bruciati tramite l’ossigeno puro. In questo modo si riesce a concentrare la CO2 prodotta durante l’incenerimento a livelli tali da permetterne la cattura a valle.

Secondo il Libro bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani, nel 2019 i termovalorizzatori in Italia hanno trattato complessivamente 5,5 milioni di tonnellate tra rifiuti urbani e rifiuti speciali, producendo 4,6 milioni di MWh di energia elettrica  e 2,2 milioni di MWh di energia termica: una quantità in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie.

Da questa ricerca emerge, inoltre, che lo smaltimento dei rifiuti di un impianto di incenerimento ben progettato e correttamente gestito, soprattutto se di recente concezione, emette quantità relativamente modeste di inquinanti. In questo modo si è potuto constatare che non ci sono evidenze che comportino un rischio reale e sostanziale per la salute anche perché per gli inceneritori ci sono limiti molto stringenti alle emissioni, che non hanno eguali nel panorama delle istallazioni industriali. Relativamente all’emissione di Pm 10, il contributo è pari allo 0,03% contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali.

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